Dollari e ottovolanti 

  
Mi trovo in una clinica privata per motivi familiari. Vedo dottori che si aggirano con aria sapiente, si sentono importanti. Si riempiono la bocca di paroloni poco armoniosi. Il segno del dollaro nei loro occhi come paperone. Vederli da lontano, li rende così piccoli e meschini. Li guardo e non sanno che conosco ogni sfumatura di questo mestiere, ma di quello vero, quello vissuto in ospedale e non nel privato o in università, ove gli specializzandi ti fanno tutto, persino metterti la carta igienica sul water così che ti appoggi quando devi pisciare. Ragazzi a cui si sentono di non dovere nulla, tanto meno insegnare, anche perché per insegnare spesso bisogna sapere. E pochi sono professori, con la P maiuscola,soprattutto tra i baroni. 

Pensavo che io credo nella sanità pubblica. Ci credo dopo tutti questi anni. Ci credo nonostante le miserie e gli episodi di malasanità che vedo accadere. Non biasimo certo il collega onesto che fa un po’ di intramoenia. Certo non lo fa per arricchirsi. Ma è inconcepibile questa monetizzazione, come avviene qua dentro, senza confini, di una professione come la nostra. Perché la Medicina ti avvolge e ti trascina giù come su un ottovolante. Ti fa sentire la paura e l’ebbrezza. Ti fa venire la nausea ma non vedi l ‘ora di farti un altro giro. Tocca ogni sfera, umana e sociale, ti fa annusare la miseria, la paura, la fragilità, senza filtri ne mascherine per il naso. Io credo nella sanità pubblica. Credo nel diritto di ognuno di ricevere le cure migliori. Nel diritto di morire con dignità e di vivere con dignità. Sarà per i maestri che ho avuto e che ho. Per i quali non si è mai abbastanza bravi, né attenti, né scrupolosi. Fino a che ti rendi conto che a forza di insegnarti, non sai più scendere dall’ottovolante. 

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